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“Un altro mondo è possibile, noi lo stiamo costruendo.”

Dal 2001 il nostro impegno costante nella promozione delle attività creative con una particolare sensibilità per coloro che vivono una condizione di svantaggio: economico, sociale, fisico, psichico.
La borgata Combacrosa dove sorgerà l’ecovillaggio “La Casa del Sole”

Si è aperto il bando per l’assegnazione in locazione degli spazi abitativi nell’ecovillaggio “La Casa del Sole”: visita la pagina dedicata.

Costituzione e intenti

L’associazione culturale LIBERTAREA o.n.l.u.s. nasce nel 2001 dal sodalizio di un gruppo di giovani entusiasti del modello educativo di tipo libertario, conosciuto attraverso un’appassionata lettura di autori quali Alexander S. NeillWilhelm ReichIvan Illich che nel corso del XX secolo hanno variamente contribuito (insieme a decine di altri autori) a formare la corrente di pensiero libertario.

La mission

È per questo motivo che i giovani e temerari fondatori di LIBERTAREA hanno voluto promuovere una serie di impegnativi progetti che hanno rappresentato una ricca palestra di vita: il tentativo di tradurre in realtà gli insegnamenti, le suggestioni che quegli autori avevano infuso nelle proprie opere.

La vision

Educazione libertaria

«L’argomento della pedagogia libertaria è indubbiamente sconosciuto, sia dal grande pubblico che da coloro che si occupano di pedagogia. Nell’indice di diverse storie della pedagogia sembra che (…) non sia mai esistito. Nei fermenti dei dibattiti specialistici sullo statuto epistemologico della pedagogia, nei lamenti sulla sua crisi, si parla di tutto tranne della questione politica decisiva del potere di formare i soggetti. Proprio questo è il centro della riflessione libertaria sull’educazione, il nesso educazione e potere da una parte e dall’altra la possibilità di un’educazione antiautoritaria, di un’educazione alla libertà. Molte idee della tradizione libertaria, sono diventate parte del tessuto del senso comune pedagogico, talvolta però perdendo le caratteristiche e le finalità per cui si erano sviluppate; altre volte facendo da lievito a delle sperimentazioni educative. La tecnica sviluppate da Paul Robin nel suo esperimento nell’orfanotrofio di Cempuis in Francia, quale l’uso della tipografia, ad esempio, sarà ripresa e diffusa da Célestin Freinet (…). In alcuni casi le idee e i progetti sviluppati all’interno di questa tradizione libertaria sono diventati solo mere tecniche che hanno perso radicalità, trasformandosi persino in strumenti per aumentare il controllo.
La pedagogia libertaria, nelle sue diverse declinazioni, può arrivare a mettere in discussione la questione dell’educazione e la stessa pedagogia. Se intendiamo per pedagogia una disciplina che si occupa in specifico di teoria dell’educazione: «la pedagogia libertaria vuole in primo luogo sottrarre l’educazione agli esperti, rimuovere gli steccati disciplinari (i confini con le altre discipline e gli altri saperi, non è inteso come barriera rigida che delimita e separa ma come area di sconfinamento e di apertura) e propone modelli educativi che hanno una forte valenza, al tempo stesso sociale e politica, radicalmente antigerarchica e rivoluzionaria» (Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria, Elèuthera, pag. 8 [vedi]). Per alcuni teorici libertari parlare di pedagogia libertaria costituisce un ossimoro, a causa di un rifiuto dell’apparato teorico che costringe entro griglie troppo rigide individui e realtà; per altri si propugna un’educazione negativa che permette all’altro di svilupparsi liberamente, senza imposizioni. Non esiste un’unica via comune nella pedagogia libertaria, esiste un ampia riflessione che non è possibile racchiudere all’interno di un unico modello. Io userò il termine «pedagogia libertaria» per indicare un insieme di riflessioni, idee, esperimenti che negli ultimi due secoli in tutto il mondo hanno avuto per tema fondamentale l’educazione alla libertà.» (Tratto da: La pedagogia libertaria tesi di laurea discussa da Luca Dai, Università degli Studi di Milano, a.a. 2003-2004 [vedi]).

Approccio olistico

L’approccio olistico definisce l’attitudine di chi si forma alla scuola della cosiddetta «scienza olistica»: un paradigma scientifico che enfatizza lo studio dei sistemi complessi. Non una disciplina scientifica in sé ma piuttosto un approccio filosofico in cui viene considerato il principio di «emergenza» (nel senso di «proprietà emergenti» o «comportamento emergente») nell’applicare il metodo scientifico, spesso utilizzando una prospettiva ampiamente interdisciplinare o multidisciplinare. Questo approccio è in contrasto con la tradizione puramente «analitica», che si propone di interpretare i sistemi complessi dividendoli nelle loro componenti e studiandone separatamente le proprietà.

Nell’approccio olistico alla persona si riconosce l’esigenza di operare su più livelli per produrre uno stato di reale benessere. Ogni aspetto, o “parte dell’individuo”, è correlata a tutte le altre e tutte si influenzano reciprocamente. Ciò presuppone che nelle varie discipline che si occupano della persona (medicina, psicoterapia, educazione, ecc.) si adotti una visione d’insieme della persona (o dei gruppi di persone), del tessuto sociale con cui si relaziona, dell’ambiente fisico e simbolico (territorio e cultura) in cui vive e si muove. È un approccio che coinvolge attivamente tutti i soggetti (individali e collettivi) che sono coinvolti nel processo di interazioni complesse. A questo proposito risulta molto costruttiva nell’analisi e ricerca creativa di soluzioni, oltre all’approccio della dinamica dei sistemi, l’apparato teorico e tecnico dell’« analisi dei processi d’interazione» elaborata già nel 1950 da Robert Free Bales.

Pacifismo e non violenza

Il termine «nonviolenza» è la traduzione letterale del termine sanscrito ahimsa, composto da a privativa e himsa: danno, violenza. La parola ahimsa implica una sfumatura intenzionale che si potrebbe rendere con “assenza del desiderio di nuocere, di uccidere”. Il concetto è nato in ambito orientale e soprattutto il Buddhismo in India e il Taoismo in Cina ne sono stati i migliori interpreti e teorici. Concetti alternativi, per esempio “innocenza”, non sono confacenti al significato originario, che si caratterizza eticamente nella volontà specifica di non-fare danno a chiunque né alla natura in ogni sua espressione.
È un approccio che ingloba anche quello denominato con l’espressione «pacifismo»: il rifiuto della guerra e l’impegno a favore della pace. Il termine si riferisce a un ampio spettro di posizioni, che vanno dalla specifica condanna della guerra a un approccio totalmente nonviolento alla vita. In definitiva, il pacifismo può avere basi etiche (la convinzione che la guerra sia moralmente sbagliata) oppure pragmatiche (la convinzione che la guerra non sia mai efficace). Il pacifismo si esprime in un ampio ventaglio di posizioni, da quelle più moderate a quelle più estremiste. Esistono difatti specifiche concezioni di pacifismo fondate essenzialmente su credenze religiose (e quindi su basi fondamentalmente etiche), oppure su ideologie politiche (con combinazioni variabili di etica e pragmatismo).
Da queste due correnti di pensiero sono derivate tecniche e metodi denominati genericamente «gestione nonviolenta del conflitto» o tout court «mediazione». Una delle tecniche maggiormente diffuse nel mondo e utili per saggiare il vantaggio umano e sociale della gestione nonviolenta del conflitto è rappresentato dal metodo della «comunicazione non violenta» (NVC) elaborato e testato da Marshall B. Rosenberg (allievo di Carl Rogers), che si può efficacemente sintetizzare in questi quattro passaggi: (1) osservazione oggettiva dei fatti, (2) dichiarazione delle sensazioni che questi fatti creano nella persona che li sperimenta/riferisce, (3) sensazioni/emozioni che non vengono “soddisfatte”/espresse, (4) formulazione ed espressione della richiesta.

Ecologismo

Per ambientalismo o ecologismo si intende l’ideologia e l’insieme delle iniziative politiche finalizzate alla tutela e al miglioramento dell’ambiente. Sotto la dizione di movimenti ambientalisti o ecologisti si annoverano anche i movimenti sociali che operano a tale fine. La crescita del movimento è stato stimolato da un riconoscimento diffuso di una grave crisi ecologica del nostro pianeta. La sua storia ha eseguito insieme ad una presa di coscienza sull’ambiente che hanno raggiunto la coscienza popolare. Dal Movimento per la Conservazione della Natura, venutosi a formare all’inizio del XX secolo, al nascere delle preoccupazione negli anni Sessanta sull’uso dei pesticidi chimici, il movimento ecologico è nato con il libro Primavera silenziosa di Rachel Carson. Negli anni ha sollevato importanti tematiche quali la proliferazione delle armi nucleari e l’uso dell’energia nucleare negli anni Sessanta e Settanta, le piogge acide negli anni Ottanta, il buco nell’ozono e la deforestazione negli anni Novanta, e adesso il cambiamento climatico e il riscaldamento globale.
Il movimento ecologista si è evoluto e ramificato. Vi sono rami politici riconoscibili nel MoVimento 5 Stelle ed altri che seguono un’azione diretta contro la distruzione dell’ambiente come per esempio Greenpeace. Le opinioni su persone, comportamenti, eventi legati alla politica uno stile di vita e le implicazioni della scienza dell’ecologia e l’idea della natura come un valore. “Movimento ecologico” è un termine generico per i diversi gruppi, ideologie e atteggiamenti.
I temi principali toccati dall’ambientalismo sono:

  • La conservazione della Natura e degli equilibri ambientali
  • L’inquinamento
  • La protezione della fauna selvatica
  • Gli ecosistemi e le aree protette
  • La politica di gestione dei rifiuti
  • La produzione agricola biologica
  • La gestione delle risorse energetiche, in particolare delle fonti alternative delle rinnovabili
  • Altri ideali di sviluppo: consumo critico, sviluppo sostenibile e decrescita
  • I mutamenti climatici
  • La pace

Egualitarismo

A livello culturale, negli ultimi due secoli, le teorie egualitarie si sono affinate ed hanno riscosso più o meno consenso. Fra le filosofie egualitarie che hanno avuto la maggiore influenza si annoverano il socialismo, la democrazia ed i diritti umani, che pongono la massima attenzione sugli aspetti economici, politici e legali rispettivamente. Diverse idee egualitarie godono di ampio supporto tra gli intellettuali e nel pubblico generale di diverse nazioni. Che una di queste idee sia stata implementata significativamente nella pratica, comunque, rimane una questione controversa. Ad esempio, alcuni sostengono che la moderna democrazia rappresentativa sia una realizzazione dell’egualitarismo politico, mentre altri credono che, in realtà, la gran parte del potere politico risieda ancora nelle mani di una classe governante, piuttosto che in quelle del popolo. 
Molti sostenitori dell’egualitarismo materiale (su base economica) hanno respinto il comunismo marxista in favore di dottrine come il socialismo libertario, che non postulano la creazione di uno stato come mezzo per garantire la ridistribuzione dei beni durante il periodo di transizione. Le teorie libertarie rappresentano il punto di vista politicamente più radicale dell’egualitarismo, secondo il quale tutti gli individui sono sullo stesso piano (o quasi) nei confronti del potere politico coercitivo, in quanto nessuno è investito di questo potere (e comunque coloro che per necessità ne debbono essere investiti lo sono in misura minima e sono rigorosamente limitati nell’uso che ne possono fare). 
Quasi tutte le teorie dell’egualitarismo mirano all’uguaglianza all’interno delle società umane, o quanto meno si riferiscono agli esseri umani in generale come al gruppo rilevante in cui deve prevalere l’uguaglianza però dagli anni Settanta sono comparse teorie egualitariste ancora più radicali che includono nel novero dell’eguaglianza anche forme viventi differenti dagli esseri umani come avviene nel caso della cosiddetta «ecologia profonda», concezione radicale (perciò assai criticata dall’establishment intellettuale) che fa da ponte con le concezioni e i movimenti ecologisti.

Economia circolare

L’economia circolare è un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo giocando con due tipi di flussi di materiali, quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera. Ponendosi come alternativa al classico modello lineare, l’economia circolare promuove una concezione diversa della produzione e del consumo di beni e servizi, che passa ad esempio per l’impiego di fonti energetiche rinnovabili, e mette al centro la diversità, in contrasto con l’omologazione e il consumismo cieco. È esplicito nei sostenitori dell’economia circolare una critica alla supremazia del denaro e della finanza, tanto da voler cambiare i parametri per misurare il PIL considerando meno i soldi e più altri valori, “circolari”, a 360 gradi.
Il nome di “economia circolare” deriva dai meccanismi presenti in alcuni organismi viventi in cui le sostanze nutrienti sono elaborate e utilizzate, per poi essere reimmesse nel ciclo sia biologico che tecnico. I sistemi economici secondo l’economia circolare, dovrebbero imitare questo concetto di “ciclo chiuso” o “rigenerativo”.
Tra i vari approcci specifici ci sono anche l’ecologia industriale e la blue economy, ne nasceranno e ne staranno già ora nascendo altri, l’idea in sé, dell’economia circolare, è nata nel 1976 quando spunta in un rapporto presentato alla Commissione europea, dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy” di Walter Stahel e Genevieve Reday. Le applicazioni pratiche dell’economia circolare fanno però capolino, concretamente, su sistemi moderni e su processi industriali, solo negli anni ’70.
Da quando è nata, l’economia circolare persegue gli stessi obiettivi adattandoli alla realtà in continua evoluzione in cui resta e viene ereditata di generazione in generazione come idea e ideale. I maggiori obiettivi dell’economia circolare sono l’estensione della vita dei prodotti, la produzione di beni di lunga durata, le attività di ricondizionamento e la riduzione della produzione di rifiuti. In sintesi, l’economia circolare mira a vendere servizi piuttosto che prodotti.
Secondo l’economia circolare i rifiuti sono “cibo”, sono nutrienti, quindi in un certo senso non esistono. Se intendiamo un prodotto come assemblamento di componenti biologici e tecnici, allora esso deve essere progettato in modo da inserirsi perfettamente all’interno di un ciclo dei materiali, progettato per lo smontaggio e ri-proposizione, senza produrre scarti. Rispettivamente, i componenti biologici in una economia circolare devono essere atossici e poter essere semplicemente compostati. Quelli tecnici – polimeri, leghe e altri materiali artificiali – saranno a loro volta progettati per essere utilizzati di nuovo, con il minimo dispendio di energia.